La Biblioteca Leonardiana è oggi una delle massime istituzioni per specialisti e cultori di Leonardo da Vinci, oltre a promuovere gli studi di settore e la divulgazione scientifica come nei cicli di conferenze delle Letture Vinciane. Si trova nella parte alta di Vinci, il castello, e conserva nelle sue collezioni oltre 13000 pezzi che comprendono opere su Leonardo e di Leonardo stesso. La biblioteca mette a disposizione, infatti, uno straordinario strumento di conoscenza dei codici leonardiani, E-Leo, una banca dati che consente la consultazione dell’opera completa in formato digitale ad alta risoluzione dotata di specifici apparati per la ricerca.
La casa di Anchiano entrò nel patrimonio della famiglia da Vinci attorno al 1480 e forse Ser Piero, il padre di Leonardo, pensava di farne un luogo di sosta lungo la strada che da Vinci saliva ai valichi del Montalbano. Dopo la morte di Ser Piero il complesso risultava composto ancora da “una casa da oste principiata”. Successivamente ad Anchiano si radicò il ramo familiare di Gugliemo da Vinci, uno dei fratelli di Leonardo. La serie degli studi del secolo scorso sul tema della nascita di Leonardo ha dato origine allo straordinario ‘luogo della memoria’ che è oggi la Casa Natale di Leonardo ad Anchiano, arricchita da soluzioni tecnologiche con cui il visitatore si immerge, assieme a Leonardo, nel suo racconto di vita.
Vinci è stato il luogo dell’infanzia e della prima giovinezza di Leonardo. Prima di trasferirsi a Firenze abitava con la famiglia del padre Ser Piero che per lavoro – era notaio ed esercitava fra Firenze e Pisa – risiedeva stabilmente in città. Grazie agli studi di Renzo Cianchi è possibile individuare oggi gli edifici che un tempo appartenevano ai da Vinci. La casa in cui Leonardo visse in gioventù è sicuramente la residenza principale della famiglia che si trovava, allora, nel borgo del castello, sulla piazza del mercatale, affacciata sullo spazio dell’attuale minuscola piazzetta Guazzesi.
Il castello di Vinci è una delle fortezze guidinghe meglio conservate del Valdarno Inferiore. La sua storia delle origini coincide con quella della potente casata comitale radicata in partibus Greti fin dalla fine dell’XI secolo. Leonardo, che venne certamente battezzato nella chiesa della Santa Croce, fu cresciuto dalla famiglia del padre che abitava nel borgo del castello. Le case dei da Vinci sono state identificate nell’edificio d’angolo fra le attuali Via Roma e Piazzetta Guazzesi. Oggi il castello ospita le sedi del Museo Leonardiano e una ricca serie di ‘luoghi vinciani’ attraverso i quali ripercorrere alcuni dei momenti della sua vita e le suggestioni della sua opera.
La chiesa di Santa Croce era la parrocchia della famiglia del notaio Piero da Vinci. È qui che il figlio Leonardo, non legittimo ma il primogenito, fu battezzato nell’aprile dell’anno 1452. Della chiesa frequentata dai da Vinci non rimane che il titolo: l’edificio attuale, infatti, è frutto di una radicale ricostruzione dell’antica chiesa vinciana che apparteneva, in origine ai conti Guidi. Al suo interno, tuttavia, è conservato l’antico fonte battesimale presso cui avvenne la cerimonia del battesimo del neonato Leonardo. Nel popolo di Santa Croce la famiglia di Leonardo aveva diversi poderi di cui oggi è rimasta la traccia nel nome di alcune delle coloniche che punteggiano le colline di Vinci.
Collegonzi, uno degli antichi castelli che i conti Guidi possedevano nell’area di Greti, doveva apparire al tempo di Leonardo come un villaggio aperto, un agglomerato di case oramai privo delle antiche fortificazioni. È in questa forma, infatti, che viene disegnato da Leonardo nella famosa veduta a volo d’uccello della collezione Windsor Castle. Leonardo conosceva bene Collegonzi di cui descrive il famoso “taglio”, una parte dell’argine destro dell’Arno intaccata dall’azione erosiva del flusso d’acqua in cui Leonardo aveva maturato le sue osservazioni riguardo all’origine dei “nichi”, i fossili marini presenti in gran quantità nei livelli pliocenici delle colline di Collegonzi.
Carlo Pedretti è stato uno dei massimi esperti leonardiani a livello internazionale: a Lamporecchio, presso la villa in cui ha abitato, ha sede la Fondazione nata con lo scopo di tutelarne e promuoverne l’eccezionale attività di ricerca. Nello stesso paese di Vinci, la Fondazione dispone inoltre di villa Baronti-Pezzatini, che ne costituisce il centro espositivo.
Nella piazza della Libertà a Vinci, sotto il Museo Leonardiano, si trova la bellissima scultura in bronzo del cavallo che Leonardo aveva pensato di realizzare per onorare il duca di Milano Francesco Sforza. L’opera rimase incompiuta ma l’idea di completare il progetto di Leonardo, ai giorni nostri, è stata la missione di un cultore americano del Genio, Charles Dent, cui si deve la scultura dell’artista giapponese Nina Akamu. Il cavallo è fedele all’originale, seppure in dimensioni ridotte, ed è oggi simbolo universale di bellezza, di amore per Leonardo e di considerazione per il suo paese natale.
Il progetto leonardiano di un lago artificiale che doveva sorgere poco sotto il castello di Vinci è da considerarsi l’unico lavoro che Leonardo ha pensato per la sua terra natia. L’idea di Leonardo, rappresentato in tre carte diverse, prevedeva la creazione di un bacino alimentato dalle acque di tre ruscelli che scendono dal Montalbano chiusi a valle da una diga. I corsi d’acqua coinvolti nel disegno, perfettamente riconoscibili, erano da tempo tutelati dalle autorità comunali. Si trattava forse di un progetto di tipo pubblico, probabilmente legato all’uso dell’acqua come forza meccanica per azionare, ad esempio, le ruote idrauliche dei mulini che punteggiavano le valli delle terre di Leonardo.
Sul fondo della piazza Leonardo da Vinci si trovava, al tempo di Leonardo, l’osteria del borgo, posta strategicamente fra la strada per il Montalbano e quella che, attraverso lo stretto passaggio voltato dell’Androne Ciofi, scendeva nella valle del Vincio verso le campagne di San Pantaleo. Verso gli anni ’30 del Cinquecento l’osteria venne data in affitto a Giovanni, il più giovane dei fratelli di Leonardo. Il locale funzionava sia da osteria che da beccheria, attività che richiedeva un costante uso dell’acqua. La vicinanza dei canali che servivano i mulini del comune, posti di fianco all’osteria-beccheria, doveva risultare essenziale soprattutto per la macellazione della carne.
L’Uomo di Vinci, opera di Mario Ceroli ispirata al celebre Uomo vitruviano di Leonardo, è stata donata alla città di Vinci nel 1987 e si trova oggi sulla piazza panoramica del Museo Leonardiano. Si tratta della riproduzione di un’opera realizzata vent’anni prima, nel 1967, intitolata Squilibrio. L’artista aveva infatti realizzato una versione volutamente non corretta dell’Uomo vitruviano di Leonardo, simbolo, appunto, di equilibrio ed armonia. Lo Squilibrio di Mario Ceroli è un ironico riferimento alla realtà contemporanea, lontana dalla bellezza e dall’armonia di cui l’Uomo vitruviano di Leonardo è simbolo per eccellenza.
Leonardo doveva conoscere bene i numerosi mulini che punteggiavano i torrenti del Montalbano che scendevano a valle verso il castello di Vinci. Il rio della Querceta, ad esempio, lambiva le terre dei popoli di Faltognano, Paterno e Santa Croce, dove la sua famiglia possedeva diversi poderi. Fra i mulini alimentati dall’acqua del rio della Querceta si conta anche il cosiddetto Mulino del Gatto, poco sopra la casa di Anchiano, nel luogo che porta oggi lo stesso nome. Le acque di questo torrente servivano anche ad alimentare i mulini del castello di Vinci attraverso la presa di una pescaia ed un condotto lungo centinaia di metri, ancora in parte visibili.
Leonardo doveva conoscere bene i numerosi mulini che a quel tempo si addensavano lungo i torrenti che scendevano dai fianchi del Montalbano. Una delle valli che meglio rappresenta, oggi, il paesaggio dei mulini del tempo di Leonardo è la Forra di Balenaia, chiamata anche Vallebuia, dove si trovano strutture molto ben conservate del XVI-XVII secolo immerse nel loro suggestivo ambiente naturale. Nei pressi di Vinci si trovava, nel Cinquecento, il mulino dell’ospedale fiorentino di San Bonifacio, poi detto del Burra, oggi trasformato in abitazione. Da questo mulino, al tempo di Leonardo, si poteva salire fino al podere della Costareccia, una delle maggiori proprietà della sua famiglia.
Sul limite dell’attuale piazza Leonardo da Vinci, l’antica platea del borgo castellano, si trovava il mulino del Comune di Vinci. Nel 1478 Leonardo fu chiamato dalla famiglia per presenziare all’atto ufficiale con il quale il mulino pubblico veniva concesso ai da Vinci in perpetuo, dietro clausola di accrescerne il valore attraverso migliorie. Questo mulino si vede rappresentato, infatti, in una pianta tardo-cinquecentesca assieme ad un secondo opificio, con a fianco l’osteria del borgo e la gora derivata dalle acque del rio della Querceta. Alcuni ruderi del sistema delle gore sono ancora parzialmente visibili in corrispondenza dell’antico botro usato come fossato di scarico.
Quello che distingue la figura di Leonardo uomo di scienza è sicuramente lo spiccato carattere empirico del suo sapere. Una delle carte che lo legano all’esperienza degli anni della prima giovinezza a Vinci è quella dove cita in modo esplicito il Mulino della Doccia di Vinci, a fianco degli schizzi dei meccanismi di una ruota idraulica. Il luogo dove si trovava l’antico mulino rammentato da Leonardo esiste ancora lungo la strada che da Vinci sale verso Anchiano. Poco più a monte è ben conservata la pescaia del mulino, in muratura a gradoni, che ricorda manufatti dello stesso tipo disegnati da Leonardo.
Nel centro di Vinci sorge un museo particolare, il primo dedicato alla figura di Leonardo nella sua complessità e ricchezza straordinarie: fondato agli inizi degli anni ’90, è stato poi riconosciuto come di Interesse Pubblico dalla Regione Toscana. In occasione del V centenario della morte del Vinci, il museo si presenta completamente ristrutturato e riallestito, con un’esposizione di opere di grande valore.
Nel cuore di Vinci, nella Palazzina Uzielli e nel Castello dei Conti Guidi, il Museo Leonardiano ospita la più antica collezione di modelli delle opere di Leonardo scienziato e ingegnere costituita da più di 80 riproduzioni in legno e animazioni digitali. Centro di studio e documentazione, unitamente alla Biblioteca Leonardiana, il Museo Leonardiano persegue la ricerca sull'opera tecnica e scientifica di Leonardo nel contesto della cultura del Rinascimentoavvalendosi di importanti collaborazioni con istituti universitari e di ricerca nazionali e internazionali.
Le macchine da cantiere e i futuristici dispositivi per la manifattura tessile, i progetti di macchine da guerra e quelli per consentire all’uomo di librarsi in volo e di muoversi sopra e sotto l’acqua, fino agli esperimenti di ottica e agli studi di anatomia. La vastità degli interessi e degli studi di Leonardo è interamente documentata nel Museo.
Leonardo da Vinci ebbe un forte interesse per l’agricoltura: del lavoro della terra si occupò in più occasioni, non mancando di progettare strumenti di lavoro e frantoi. Autore di diverse osservazioni sulla coltivazione della vite e su aspetti più propriamente enologici, fu addirittura proprietario di diversi vigneti. Proprio per documentare questi aspetti meno noti dell’artista, il Museo Ideale Leonardo Da Vinci si è dotato di una specifica sezione autonoma, che ha trovato sede in un suggestivo complesso cinquecentesco situato a Sant’Ippolito in Valle, non distante dalla sede principale dell’istituto.