X
Pietramarina

Pietramarina è il nome di una delle vette più alte del Montalbano a cavallo fra il versante di Faltognano-Vitolini e quello opposto di Bacchereto-Verghereto. È sito d’interesse naturalistico per la presenza di agrifogli e lecceti secolari ma la sua storia come luogo di notevole importanza strategica risale al periodo etrusco. In questa zona sono stati messi in luce recentemente i resti di un insediamento frequentato dal VII secolo a.C. che divenne nei secoli successivi una solida fortezza posta a controllo di un vasto territorio. L’origine del nome è ancora poco chiara tuttavia la località era indicata così fin dal tempo di Leonardo: sulla parte alta della pianta cinquecentesca dei Capitani di Parte Guelfa relativa al territorio di Vitolini si legge infatti, in prossimità delle strade di valico per Bacchereto, il toponimo sasso marino associato al disegno stilizzato di un masso. Fra i percorsi della “carta degli itinerari escursionistici” del comune di Vinci si può raggiungere Pietramarina.

In mezzo al lecceto secolare si scorgono i resti di una poderosa cinta muraria che racchiude un’area di circa tre ettari. L’area comincia ad essere frequentata dal VII secolo a.C. ma è solo in età arcaica (VI secolo a.C.) che comincia a prendere forma un insediamento stabile. Le recenti indagini archeologiche hanno infatti individuato diversi edifici, un’area sacra e almeno un settore adibito a magazzino coperto con un tetto di tegole sorretto da travi di legno di quercia. Al suo interno le riserve alimentari erano probabilmente conservate in grossi contenitori in terracotta interrati (dolii) in genere usati per lo stoccaggio di cereali. L’abitato era cinto da mura poderose in opera poligonale che raggiungono lo spessore di quasi tre metri. Sebbene la maggior parte delle fortificazione affiori solo di poco dal piano di campagna attuale, in alcuni tratti essa si conserva per un’altezza di circa due metri consentendo di apprezzarne la tecnica muraria. Il santuario fortificato di Pietramarina presenta una continuità di vita di diversi secoli, fino all’età ellenistica, epoca in cui tutto il sito sembra mostrare tracce di incendi e distruzioni. In questo periodo alcune parti del sito vennero monumentalizzate, come ad esempio sul lato meridionale dell’abitato dove una serie di terrazzamenti realizzati sulle strutture precedenti dovevano conferire un effetto scenografico al sito rinnovato, proiettandolo verso l’esterno. Anche il settore cultuale, che la serie dei ritrovamenti di oggetti votivi data al periodo di fondazione della fortezza, venne monumentalizzato in età ellenistica scegliendo di collocare all’esterno della cinta muraria più antica un nuovo edificio di culto. I progetti di rinnovamento di età ellenistica devono aver conferito al nuovo abitato un notevole carattere scenografico, valorizzato dalla posizione elevata ed isolata sul culmine della dorsale del Montalbano. Il sito si trova all’interno del parco archeologico di Carmignano.
Il sasso marino raffigurato sulla pianta dei capitani di Parte Guelfa relativa al territorio di Vitolini ricorda la forma rotondeggiante della formazione rocciosa nota oggi come “Masso del Diavolo”. Si tratta di un suggestivo affioramento di arenaria modellato dal taglio di una scala rupestre di cui tuttavia non si conosce l’origine. In prossimità del sasso marino la cartografia tardo-cinquecentesca mostra l’avvio di strade che conducono a Bacchereto. In effetti anche il foglio relativo al popolo della pieve di Bacchereto, sull’altro versante del Montalbano, mostra l’esistenza di una serie di percorsi che superavano il crinale all’altezza del tratto Pietramarina-San Giusto. Al tempo di Leonardo questo fascio di vie campestri dirette a valle conduceva, prima di arrivare a Bacchereto, alle case segnate con il nome a toia, luogo di leonardiana memoria. Toia era infatti il nome della località dove abitava la famiglia della nonna di Leonardo e sulle carte tardo-cinquecentesche relative al popolo della pieve di Bacchereto si riconosce nitidamente il disegno di un piccolo gruppo di case che porta questo nome. Il toponimo Toia è conservato oggi nel nome di una via vicinale punteggiata di case coloniche fra cui anche quella che la tradizione ha identificato con la casa della nonna di Leonardo. Indipendentemente dalla puntuale identificazione della casa “da signor” di Toia che confluì nel 1482 fra le proprietà del padre di Leonardo è sicuramente da mettere in evidenza un altro toponimo della zona, fornia, riconoscibile nei pressi del solito fascio di strade che scendeva dal crinale del Montalbano verso Toia e Bacchereto. Fornia è oggi il nome di una fattoria e di una piccola forra che scende dal crinale del Montalbano, poco sotto Pietramarina, ma si deve riconoscere che il toponimo, in uso almeno dal XVI secolo, corrisponde probabilmente al luogo segnato da Leonardo in una delle sue mappe più famose della Valle dell’Arno. Sulla nota mappa del Codice di Madrid che comprende il massiccio del Montalbano (Madrid II f. 23r) si legge fra le località Fornia, che Leonardo posiziona sul versante settentrionale del Montalbano, poco sotto i centri di Bacchereto e Verghereto. Si tratta dell’unica volta in cui la piccola località del Montalbano viene riportata da Leonardo in una delle numerose mappe di questo settore del Valdarno che egli realizzò. La presenza di questo microtoponimo si spiega forse solo con la conoscenza minuziosa che Leonardo doveva avere di quei luoghi. Come visto, i poderi baccheretani della famiglia di Leonardo, con la casa della nonna a Toia, erano raggiungibili, un tempo anche valicando il Montalbano nei pressi di Pietramarina, per le strade campestri riportate dai Capitani di Parte Guelfa. Lì nei pressi si trovava, già a quel tempo, anche la località fornia, forse proprio la stessa Fornia che Leonardo ha riportato sul Montalbano del Codice Madrid II.
A cura di
Silvia Leporatti
Galleria fotografica
Galleria fotografica