Nonostante l’avanzato degrado delle strutture e il crescente abbandono del sito, documentati per tutto il corso del Quattrocento, Leonardo rappresenta Monsummano nei suoi disegni ancora piuttosto ben conservato, almeno negli elementi più caratteristici dell’impianto castrense. È quanto è possibile osservare oggi sul colle di Monsummano Alto. Del castello medievale rimangono ben leggibili l’impianto planimetrico, una ellissi di forma allungata, una parte considerevole delle mura in elevato, e il complesso religioso. Le mura di cinta sono realizzata in bozze di pietra calcarea locale. Erano dotate di merli e vi si aprivano feritoie arciere, visibili sul prospetto settentrionale. Sono perfettamente conservati due accessi del castello: la Porta di Nostra Donna, a Nord-Ovest, verso la Valdinievole, e la Porta del Mercato o del Pidocchio a Sud, in direzione del vicino castello di Montevettolini. I due accessi presentano caratteri costruttivi simili, come ad esempio l’uso di materiale lapideo di dimensioni eccezionali, anche superiori al metro, sugli stipiti e le aperture, costituite da profondi archivolti coperti con volta a botte realizzata con materiale lapideo disposto per coltello. Le fronti delle aperture sono dotati di arco a tutto sesto in conci squadrati e lisciati disposti radialmente che disegnano sull’estradosso un arco crescente tendente all’arco acuto. La differenza più evidente fra le due porte è costituita dal sott’arco a sesto ribassato presente solo sulla faccia esterna della Porta di Nostra Donna, che si innesta sulle mensole stondate con cui terminano due dei lunghi conci degli stipiti. Questa soluzione potrebbe appartenere ad una modifica avvenuta successivamente al passaggio del castello sotto il controllo fiorentino (1329) mentre l’impianto originario delle difese sembra risalire alla metà del Duecento. Solo la torre pentagonale, che si trova sul vertice settentrionale della cortina muraria, potrebbe essere stata realizzata fra la fine del Duecento e l’inizio del Trecento, nel quadro del potenziamento delle difese castellane promosso dalla città di Lucca. Di questa torre si parla già, infatti, negli Statuti lucchesi del 1308, a proposito della necessità di eseguire lavori di riparazione in modo da consentire al castellano di tornare nuovamente a risiedervi. La maggior parte del tessuto abitativo medievale si trova sotto forma di rudere, in gran parte coperto dalla vegetazione. In posizione centrale, sulla parte più alta del rilievo, sono raccolti gli edifici pubblici del castello, la Chiesa di San Niccolò, la canonica e l’antica sede della Compagnia del Santissimo Sacramento. Sulla piazza pubblica, la “platea communis” rammentata negli statuti trecenteschi, si affacciava anche il palazzo del comune, residenza del podestà. La chiesa, ad aula unica, monoabsidata, presenta numerosi segni di restauri e modifiche delle murature originarie che si sono protratti fino a tutto il Seicento. Tuttavia sulla parte bassa del prospetto settentrionale e sulla facciata sono visibili le murature del primo impianto, in conci squadrati di calcare locale (alberese) anche di notevoli dimensioni, tipico delle chiese del cosiddetto “Romanico Pistoiese”. Purtroppo il prospetto esterno dell’abside originaria della chiesa di San Niccolò risulta coperta da una costruzione successiva, rendendo invisibile un bellissimo esempio di abside romanica realizzata mediante conci lisciati e sagomati a formare la superficie curva del catino absidale. Al centro, una monofora stretta e lunga, con la chiave d’arco lavorata a rilievo (testina antropomorfa). La parte bassa del campanile risulta particolarmente interessante perché presenta un passaggio voltato del tutto analogo a quello del campanile della chiesa di Montevettolini. In questo caso la soluzione architettonica della torre-porta dava accesso ad uno spazio libero posto sul retro della chiesa.